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Dissalatore sul Tara: la posizione contraria di Giustizia per Taranto

Giovedì 20 aprile e giovedì 25 maggio scorsi abbiamo partecipato, alla commissione comunale competente riguardo alla realizzazione sulla sorgente del fiume Tara del più grande dissalatore d’Italia (prelievo previsto in 1.000 lt/sec). Al primo incontro erano presenti i tecnici di Acquedotto Pugliese che si sono riservati di fornire documenti e relazione per una più attenta analisi dell’opera prevista. La nostra Associazione resta fortemente critica rispetto a un progetto evitabile e fa presenti le seguenti considerazioni.

Premesse

  • Le perdite idriche registrate sulla rete di AQP ammontano a oltre il 40% di acqua
  • L’invaso del Pappadai, gestito dal consorzio Arneo, porta acqua potabile dal Sinni a Monteparano e può contenere venti milioni di metri cubi di acqua. I lavori che avrebbero dovuto canalizzare tali acque verso il Salento non sono mai stati ultimati
  • Lo stabilimento siderurgico dell’ex-Ilva di Taranto preleva ad oggi 250 litri al secondo di acqua potabile dal Tara per raffreddare i propri impianti, oltre a quella prelevata dal Mar piccolo
  • Gli impianti di depurazione di Gennarini e Bellavista sono in grado di produrre circa 600 lt/sec di reflui in uscita, ben 350 in più rispetto a quella attinta dall’ex-Ilva dal Tara, dunque in grado di sostituire anche parte di quella prelevata dal Mar piccolo
  • A più riprese, negli scorsi anni, è stato intimato alla stessa fabbrica di attingere le acque utili al raffreddamento dei propri impianti dai reflui affinati dei depuratori cittadini di Gennarini e Bellavista, con uguale garanzia di portata, a spese della stessa azienda. In tal modo si sarebbe opportunamente restituito all’utilizzo civile l’acqua potabile del Tara.
  • I reflui degli impianti Gennarini/Bellavista non sono attualmente utilizzati e, nonostante si dica da tempo di volerli utilizzare a scopo irriguo nell’agricoltura, vengono scaricati in mare
  • Ai fini dell’utilizzo industriale dei reflui di Gennarini/Bellavista erano previste la realizzazione di un impianto di ultra-affinamento dei reflui (già previsto e di prossima realizzazione) ed il collettamento degli stessi verso il siderurgico
  • L’utilizzo dei reflui di Gennarini-Bellavista da parte dell’ex-Ilva ricadeva fra le opere previste nel Piano ambientale, poi spostato nell’ambito del Contratto Istituzionale di Sviluppo per Taranto, dunque a valere su fondi pubblici.
  • Il progetto presentato ora continua ad essere a valere su fondi pubblici, di cui una parte (27,5 milioni) mediante PNRR.
  • La Provincia di Taranto, prima dell’intervento regionale, aveva provato a far autorizzare un dissalatore da acque di mare attraverso i fondi del Just Transition Fund (fondo di un miliardo di euro che l’Europa ha stanziato per Taranto e per la zona del Sulcis per il superamento dei combustibili fossili). Il progetto fu cassato dalla Commissione VIA VIAS, perché presentava diverse criticità rispetto all’obiettivo del fondo: enormi consumi di energia per la dissalazione, effetti negativi sull’ambiente e gli ecosistemi marino e terrestre, aumento della salinità dell’acque nelle quali sarebbero stati scaricati i residui della dissalazione e, infine, aumento del prezzo dell’acqua dovuto ai maggiori costi del dissalatore stesso.
  • Il dissalamento produce una salamoia che, oltre al sale di scarto del processo, contiene sostanze chimiche tossiche risultanti dall’utilizzo di disincrostanti e antivegetativi che garantiscono la potabilità dell’acqua. Tali sostanze finiranno inesorabilmente in mare
  • La salamoia ricavata dal Tara avrebbe un basso grado di salinità, inferiore a quella del mare nel quale verrebbe scaricata
  • Il dispendio energetico del dissalatore sarebbe molto elevato e il suo fabbisogno verrebbe ricavato da una turbina a gas. Il gas è un combustibile fossile fonte di emissioni di CO2, che è proprio l’inquinante alla base dei cambiamenti climatici che hanno portato, fra le altre conseguenze, alla siccità a cui il dissalatore vorrebbe porre rimedio. Inoltre la quota rinveniente da energie rinnovabili sarebbe solo parziale e ammontante al 3,9% del fabbisogno energetico, sebbene l’Acquedotto Pugliese consideri risparmi provenienti dai minori emungimenti dai pozzi
  • Nella Valutazione di Impatto Ambientale per quest’opera va acquisita la Valutazione di Incidenza, sia per la sua vicinanza con ZSC Pinete dell’Arco Ionico, sia per essere stato individuato come habitat d’interesse comunitario “Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del Ranunculion fluitantis e Callitricho- Batrachion – Cod. 3260” ai sensi della Direttiva 92/43
  • L’area del fiume Tara è già gravemente compromessa da anni di irresponsabilità. Prima fra tutte, lo scempio fatto quando fu costruito il molo polisettoriale, deviandone il corso e riducendone la foce
  • La Regione Puglia, già scarsamente interessata da piovosità, perderebbe circa l’89% delle acque piovane

In ragione di tali premesse si ritiene:

  • Andrebbe previsto il completamento dei lavori riguardanti lo smistamento delle acque dall’invaso Pappadai (in gestione al Consorzio Arneo) verso la parte meridionale della Puglia, servendo le province in emergenza idrica di Taranto, Brindisi e Lecce
  • Considerate le perdite di rete ammontanti a quasi il 40% di acqua, occorre intervenire primariamente coi lavori per la riparazione della rete idrica e opportuna riduzione dell’acqua dispersa. I tecnici di AQP, durante la prima seduta della commissione Ambiente del Comune, hanno fatto sapere che gli investimenti sulla rete proseguiranno con una spesa che si aggira sui 700mln di euro che, tuttavia, ci risulta essere l’ammontare degli interi investimenti del piano industriale di AQP, e non solo di quelli destinati alla riparazione delle condotte.
  • Va recuperata prioritariamente la quota di acqua potabile attualmente in uso per il raffreddamento degli impianti della grande industria (250 lt/sec) mediante l’utilizzo dei reflui affinati di Gennarini-Bellavista.
  • Di realizzare, a carico del siderurgico, i lavori di adeguamento e collettamento dei reflui verso l’industria al fine di restituire la quota di 250 lt/sec di acqua potabile attualmente prelevata dal Tara. Evitando, allo stesso tempo, tanto l’utilizzo di risorse pubbliche per un’opera che va a vantaggio del privato, quanto lo scarico in mare di una risorsa come i reflui affinati. Nonostante il contratto in essere col siderurgico, riteniamo che il Comune di Taranto e la Regione Puglia possano pretendere questa azione nell’ambito del procedimento autorizzativo della nuova AIA per Acciaierie d’Italia apertosi questo mese. Evitando, altresì, l’utilizzo di fondi pubblici impropri e suscettibili di eccepimenti da parte della Corte dei Conti.
  • Considerando che la quota dei reflui supera quella attualmente attinta dal siderurgico dal Tara, si ritiene che la parte eccedente possa imporre una riduzione dei prelievi dal Mar piccolo
  • il completamento degli impianti fognari, con separazione e recupero delle acque piovane, consentirebbe di recuperare preziose quantità di acqua da destinare ad uso irriguo in agricoltura.

Questa Associazione ritiene che i lavori sull’invaso Pappadai, il recupero di acqua potabile dal Tara con canalizzazione dei reflui depurati verso la grande industria, un adeguato investimento sulle perdite di rete ed il recupero delle acque piovane a scopo agricolo, potrebbero garantire un recupero di acque assai maggiore rispetto a quello previsto col dissalatore, con un utilizzo più coerente dei fondi del PNRR. Si chiede pertanto di valutare la realizzazione di quest’ultimo solo dopo aver portato a compimento le azioni su descritte, qualora ne emergesse ulteriore necessità.

A nostro avvisto restano tutte intatte le criticità che portarono la Commissione VIA/VIAS del Just Transition Fund a bocciare il finanziamento dell’opera con i fondi europei per la transizione. Ed in particolare:

  • gli impatti previsti sull’ambiente e gli ecosistemi marino e terrestre a seguito della realizzazione della turbina a gas, fonte di CO2, dello sversamento in mare della salamoia impastata con agenti chimici tossici e della riduzione della portata di acqua che altererebbe il delicato ecosistema del Tara
  • gli enormi consumi energetici previsti e non compensati da energia sostenibili
  • gli impatti previsti sul mare con la riduzione dell’apporto delle acque del Tara e la diminuzione del grado di salinità dovuto allo sversamento della salamoia residuo della dissalazione
  • i lavori per il passaggio delle condotte che altererebbe aree di prego ambientale e paesaggistico
  • l’impatto del dissalatore in termini di cementificazione del territorio
  • i probabili aumenti in bolletta per gli utenti finali a compensazione dei costi del dissalatore