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Ci riconosciamo in ben altri valori: no, per noi oggi non è lutto nazionale

La storia la scrivono da sempre i vincitori, per questo ora ci ritroviamo ad ascoltare dell’epopea di Berlusconi da chi ne ha goduto, perché hanno vinto loro: sodali, delfini, fedelissimi, persone diventate personaggi grazie alle sue tv o alle sue cene esclusive, alleati politici grati – e in qualche modo sotto ricatto – per le sue serate lascive e beneficiari di elargizioni a vario titolo. Se ne parlerà ancora per molto tempo e con libri che non tarderanno ad arrivare, con in testa certamente quello di Bruno Vespa. Ma a tutto c’è un limite.

Fatta salva la pietas di circostanza, le cose vanno dette per quelle che sono, opponendosi alla santificazione in corso come dovere morale e civile. La verità è che stiamo parlando di un affabulatore così abile che anche chi ne è stato danneggiato, ha finito per ribaltare l’oggettività delle cose: le opposizioni e loro leader che credono di aver avuto a che fare con un grande statista, giovani disoccupati e precari che con lui si sono percepiti piuttosto come dei liberi professionisti, donne che hanno scambiato sessismo con romanticismo, genitori affascinati dalla sua figura che non hanno mai immaginato che quell’attempato adulatore magari sarebbe andato a letto anche con la loro figlia diciassettenne.

È l’uomo che ha fatto diventare ‘comunismo’ un insulto nonostante resti una parola e un’idea nobilissima, anche al di là dei dittatori che l’hanno infangata. L’uomo che ha fatto diventare dei valori la furbizia, la scaltrezza, lo spregio di istituzioni e regole, l’idolatria del capitalismo ad ogni costo (a Taranto ne sappiamo qualcosa con la prima legge salva-Ilva del 2010) e l’apparenza, esportandoli in tutto il mondo. Una finzione manifestata dalla menzogna sistematica e finanche dalla sua fisicità artefatta. È riuscito perfino a strumentalizzare il voto cattolico definendosi, contemporaneamente, un Dio. Quel messia con l’immagine decisa e vincente che agli italiani piace da sempre e che, tuttavia, va nella direzione opposta a quella che è la vera salvezza, costituita da coinvolgimento e partecipazione.

Politica, Tv, calcio, editoria e banche come strumenti per declinare la propria influenza e realizzare esclusivamente i propri interessi, facendoli passare come successo diffuso. Un modello incentrato su corruzione, evasione fiscale, rapporti insani con mafia e P2 e sulla mercificazione di tutto e di tutti.

Le ragioni del suo agire e del suo indiscutibile fascino e carisma, trovano un’interessante cornice esplicativa nella psicologia applicata, dove è celebre la definizione di ‘triade oscura’. Essa è l’insieme di tre tratti comportamentali, che sono considerati predittori di psicopatologie e che sono: narcisismo (grandiosità, orgoglio ed egoismo), machiavellismo (capacità manipolative e persuasive, cinismo, immoralità, concentrazione sull’interesse personale e inganno) e psicopatia (comportamenti egoistici e mancanza di rimorso).

Altro che è finita un’era, se tutto va bene ci metteremo anni per venirne fuori, perché è vero che ha segnato un’epoca, ma soprattutto la nostra e quella di chi è cresciuto sotto la sua penosa egida.

Ecco perché, prima di ogni cosa, va ripristinata la narrazione, perché ciò che ci ha venduto era sì rivestito d’oro, ma dentro era sterco. Probabilmente aveva davvero delle grandi qualità, il punto è come e per chi, o cosa, le ha utilizzate.

Un uomo così pervaso dall’arroganza del potere da non riconoscere il momento di chiudere il sipario neppure di fronte al declino. Anche in questo è stato abilissimo: l’immagine che esce dal suo inesorabile tramonto è quella di un fiero Enrico Toti che resiste strenuamente a tempo e circostanze, malgrado l’imminente fine avesse già portato al travaso di tanti opportunisti in altri partiti e malgrado le percentuali di Forza Italia fossero ormai irreversibilmente sotto il 10%.

In un’Italia con scarsa cultura politica ha saputo regalare ai moderati una figura che scindesse la destra dall’ignoranza, anche se la stessa operazione non è riuscita con la vergogna.

L’ha cambiata per davvero l’Italia, ma in peggio. Ha prodotto degrado etico e culturale e la squalificazione degli standard della politica, del linguaggio e dell’intrattenimento. In questo risulta perfino coerente, oggi, il giorno di lutto nazionale e il fermo senza precedenti delle attività parlamentari, utili soprattutto a far strappare dal cavaliere un’ultima risata a chi ci guarda dall’estero.

La sua lunga esistenza ci aveva fatto credere nell’eternità assai più di quanto non abbia fatto la religione cristiana. Ecco, in questo la sua morte è riuscita a turbare anche noi. Ma no, non ci stiamo alla legittimazione di questo sistema e, per noi che crediamo in tutt’altri valori, oggi non è affatto lutto nazionale. Quelle bandiere a mezz’asta dovrebbero sventolare ben al di sopra di questa miserevole mediocrità.