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I problemi economici dell’ex-Ilva e come il Governo sta cercando di affrontarli

Che il siderurgico di #Taranto stia annaspando è un’evidenza conclamata. Sentenze e studi scientifici sottolineano le sue responsabilità su ambiente e salute dei tarantini e il #Governo non sa più come rattoppare le falle. Fra queste ci sono anche quelle economiche, ostacolo non meno grande sulla strada dell’improbabile salvataggio. Vediamo quali sono nello specifico per capire quanto occorra tenerle d’occhio per evitare ulteriori colpi di mano della politica.

QUESTIONE BENZENE

Non è il solo inquinante che viene scaricato su Taranto, ma tra i problemi più complicati per il siderurgico dato che il suo aumento, anche in concomitanza con la diminuzione della produzione, è ora sotto la lente della magistratura e di Arpa e Asl che hanno evidenziato la presenza di rischi per la salute della popolazione di fronte a un’esposizione a tale inquinante anche per periodi non lunghissimi, soprattutto di fronte a valori acuti come quelli registrati dalle centraline posizionate al quartiere Tamburi. Non sufficiente per l’azienda trincerarsi dietro l’alibi che tali emissioni sono comunque entro i limiti di legge (limiti di legge che in Italia, non a caso, sono sempre assai laschi e tarati su misura degli inquinatori). Addirittura nel nostro Paese il valore limite è di 5 mg/m3 (D.Lgs. 155/2010) calcolato, per di più, come media annuale.

COME VIENE PRODOTTO IL BENZENE?

Il processo di distillazione che avviene nel reparto cokerie, trasforma il carbon fossile in coke. Questo procedimento dà origine a materie di scarto che sono: benzene, naftalene e catrame che venivano raffinati e venduti per impiego chimico, edile e industriale, prima che fosse accertata la loro cancerogenicità.

Alla cokeria dovrebbe affiancarsi il reparto Sottoprodotti, deputato alla raccolta e al trattamento del gas coke grezzo e all’estrazione, fra le altre, delle suddette materie. Del reparto Sottoprodotti fanno parte due impianti chiave nell’abbattimento degli inquinanti, che sono quello di denaftalinaggio, destinato alla raccolta di naftalene, e quello di debenzolaggio, destinato alla raccolta del benzene. Il reparto Sottoprodotti è stato funzionante nell’ex-Ilva fino al 2013, anno in cui l’Arpa impose il fermo poiché l’azienda mescolava impropriamente naftalina e benzene (definiti dallo IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, dei cancerogeni del gruppo 1) al catrame (prima vendibile sul mercato) allo scopo di ricavarne un guadagno immettendolo sul mercato, anziché affrontare il costo del loro corretto smaltimento come rifiuto.

Arpa Puglia, in una sua recente relazione, ha sottolineato come nella domanda di AIA presentata da Acciaierie d’Italia nel febbraio 2023 (attualmente in stato di revisione) sia stata richiesta al Ministero dell’Ambiente la rimessa in funzione del solo impianto di denaftalinaggio e non quello di debenzolaggio, probabilmente e nuovamente, allo scopo di evitare l’esborso dello smaltimento del rifiuto pericoloso.

FONDI DI COESIONE (FSC) E QUOTE CO2

Non è un mistero che il Governo italiano stia attendendo la composizione delle istituzioni europee dopo le recenti elezioni, al fine di rimettere pesantemente mano alle normative sull’ambiente, viste come costoso e inutile fardello a danno delle industrie inquinanti. Non è neppure un caso che si stia facendo in modo di ritagliare una casella di peso per il Ministro Fitto, con particolare predilezione all’ambito dei fondi di coesione. Avevamo già denunciato del loro accentramento a Roma usurpandoli alla gestione diretta delle regioni del Sud e questo completerebbe il quadro. Anche qui la questione Ilva non sarebbe affatto esente da ripercussioni, considerando che l’obiettivo è da tempo quello di convogliarvi proprio tali fondi.

Altro tema caldissimo da seguire è quello delle quote CO2, la cui gratuità per le industrie inquinanti cesserà definitivamente nel 2030. Anche qui è certo che l’Italia proverà a procrastinare la data per favorire l’ex-Ilva. L’importanza di evitare questi costi è d’altro canto stata resa limpida dal recente scandalo in cui AdI è implicata per truffa proprio in merito alla falsificazione dei dati delle quote CO2.

Come sempre continueremo a vigilare su quanto accade e a raccontarlo in modo accessibile, poiché servirà tutta la nostra attenzione per evitare che, ancora una volta, si pensi alla fabbrica più che alla nostra comunità.