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Il resoconto dell’incontro con la Commissaria UE Elisa Ferreira e l’intervento di GxT

Questo pomeriggio, in biblioteca Acclavio, abbiamo preso parte al confronto voluto dalla Commissaria alle Riforme e Coesione territoriale dell’Unione Europea, Elisa Ferreira e rappresentanti istituzionali, sindacali, datoriali e associativi del territorio.

Le riflessioni sono state per lo più improntate alla collaborazione con le istituzioni europee per il miglior utilizzo delle risorse del Just Transition Fund (solo per Taranto, quasi 800 mln di euro). Per parte nostra abbiamo criticato l’inaccessibilità dei fondi che, nonostante riguardino soprattutto il 2023 e 2024, non prevedono ancora la possibilità di candidare progetti per la transizione da parte di micro-imprese e start up, che pure sono oggetto specifico del JTF, insieme alle istituzioni.

Abbiamo denunciato, invece, che i fondi UE sono, sistematicamente, presi di mira dalla politica italiana per risolvere i guai del siderurgico, mentre la transizione deve riguardare la città e non la fabbrica, ed essere il frutto di un reale e inclusivo processo partecipativo, sul modello della Ruhr.

La Commissaria ci ha assicurato che l’Europa non concederà alcuno spazio per progetti che non siano rivolti ad una reale transizione ecologica e richiamato il Comitato di Sorveglianza sul JTF, guidato dal Direttore Generale dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, a includere nel processo l’intero tessuto sociale della città.

Siamo certi che la Commissaria Ferreira fosse davvero animata dalle migliori intenzioni, ma l’impressione che abbiamo ricavato, anche questa volta, è che l’Europa può poco se a fare da filtro c’è una classe politica e dirigenziale assai più propensa a una restaurazione, che a una decisa riconversione del territorio.

A seguire il nostro intervento

Gent.ma Commissaria,

grazie per la sua sensibilità ai problemi del nostro territorio e grazie, a Lei e al Comune, per averci dato oggi l’occasione di essere ascoltati.

Rispetto al Just Transition Fund, le diciamo subito che fra la città e questo fondamentale strumento c’è una distanza importante. La Regione Puglia, a giugno 2021, inserì le linee guida del JTF sul portale dedicato alla partecipazione, aprendo a una raccolta di idee rivolta alle associazioni, con scarsa pubblicizzazione e chiusa a dicembre dello stesso anno, risultando per lo più un’operazione di facciata. La nostra associazione rappresentò delle proposte rigenerative alle istituzioni locali, senza aver mai ricevuto alcun riscontro.

E’ piuttosto emblematico il fatto che non ci risulta sia mai stata predisposta la possibilità di presentare progetti da parte dei privati, che pure sono una componente su cui il JTF punta moltissimo: dalle piccole e medie imprese, alle start up.

Al di là delle quattro proposte avanzate dal Comune, in sostanza, il JTF a Taranto, è un percorso pressoché sconosciuto. Eppure, la maggior parte degli stanziamenti previsti ricadevano proprio sul 2023 e 2024.

Al contrario, è stato molto attenzionato dalle istituzioni italiane, a tutti i livelli, per proposte assai discutibili e affatto risolutive dei problemi del territorio. Due esempi su tutti:

  • Negli ultimi tempi il governo italiano ha provato a capire, con il PNRR, come poter usare i soldi del JTF per favorire, ancora una volta, la produzione del siderurgico, che pure gli studi scientifici dichiarano essere incompatibili con la vita dei tarantini. Ha pensato alla riconversione della fabbrica a idrogeno, ma poi si è scontrato con l’impossibilità di realizzarne la conversione, vista la dimensione e lo stato di vetustà e fatiscenza in cui versano gli impianti. In ragione di ciò sembra aver recentemente virato sul Fondo di Coesione Sociale, con la volontà manifestata di sottrarlo alla gestione delle regioni del sud cui è destinato e, nondimeno, di sollevarlo dagli scopi per cui nasce.
  • La Provincia di Taranto, dal canto suo, aveva candidato ai fondi del JTF la realizzazione del più grande dissalatore d’Europa, da costruirsi sulla sorgente del fiume Tara, località amena da decenni violentata da scelte scellerate. Il progetto fu cassato dalla Commissione VIA VIAS perché presentava diverse criticità rispetto all’obiettivo del fondo. Comportava, cioè, enormi consumi di energia per la dissalazione ed effetti negativi sull’ambiente e gli ecosistemi marino e terrestre. Ora verrà realizzato dalla società Acquedotto Pugliese, controllata dalla Regione Puglia, a valere sui fondi del PNRR.

La nostra domanda, quindi, nasce spontanea e dall’evidenza dei fatti: le istituzioni europee hanno compreso il bluff dell’Italia sulla transizione ecologica? Gli sono chiare le manovre della politica italiana sulla nostra città, volte unicamente a garantire produzione e profitto, senza alcuna prospettiva ambientale e occupazionale, a scapito di lavoratori e abitanti?

Noi sollecitiamo con forza una presa di coscienza da parte degli organismi comunitari riguardo ai nostri drammi e invochiamo a gran voce di porsi, davvero, accanto alle tarantine e ai tarantini per una riconversione integrale e salvifica sul modello virtuoso del bacino della Ruhr, in Germania. Ci rendiamo disponibili, come sempre fatto, per questa straordinaria opera di cambiamento col nostro fattivo supporto propositivo, augurandoci che si possa dar vita ad un percorso partecipativo di grande portata, come grande, oltre che necessario, è il risultato che se ne otterrebbe. Non per gli inquinatori e la politica che gli fa sempre da sponda, ma per tutte e tutti noi, tarantini ed europei.