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Ci risiamo, nuovo sciopero improvviso e a oltranza e nuovi blocchi stradali per chiedere una solidarietà che alla città e al territorio non è dato avere.

Il disagio dei sindacati deve essere anche nostro, il nostro però non appartiene a loro.

Eppure fra le cause dei nostri mali ci sono proprio gli improvvidi accordi siglati coi governi precedenti e il continuo schierarsi con la fabbrica, laddove non anche con gli industriali, col beneplacito di Regione e Comune.

La verità che ormai il tempo, da buon galantuomo, ci racconta, è che al bene di chi lavora in fabbrica ci teniamo più noi che da due decenni chiediamo un deciso cambio di rotta che non lasci indietro nessuno: un piano partecipato di riconversione che colga tutte le opportunità dei fondi europei e nazionali, salvaguardando i redditi e creando nuova e sana occupazione.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: lo si è fatto in diversi territori d’Europa e del mondo, perché non fare una grande battaglia unitaria per farlo anche a Taranto?

Questo vogliamo, questo pretendiamo.

E a chi crede ancora nel salvataggio dell’ insalvabile diciamo, con chiarezza, che sono come l’orchestra del Titanic. Solo che dai loro megafoni non esce musica, ma note stonate e fuori dai fatti e dalla storia.

Al futuro si va incontro, non lo si aspetta da altri.