Quello che il Ministro Urso non dice…
Questa mattina il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso , è stato a Taranto dapprima ha incontrato gli operai di Acciaierie d’Italia all’ingresso del primo turno e poi le istituzioni locali in Prefettura, davanti a sindacati e ambientalisti in presidio.
Per quanto le sue parole siano sembrate rassicuranti riguardo ad aziende dell’indotto, lavoratori della fabbrica, sindacati e territorio, lo scopo che si celava dietro questa visita è stato uno, e uno solo: si è trattato di un mega spot per rendere più attrattivo l’investimento per un nuovo socio privato. Il messaggio era prestabilito e intendeva mostrare unità d’intenti fra istituzioni nazionali e locali, sindacati e lavoratori, come a dire “venite, qui ci sono le condizioni migliori per operare”.
A questo gioco ci sottraiamo perentoriamente, dicendo che non c’è alcuna unità di intenti!
Il Governo intende aumentare la produzione e per far conciliare questo imperativo irresponsabile vuol spendere 5 miliardi di euro per costruire due forni elettrici che giustifichino un’inesistente attenzione per l’ambiente. Il motivo è presto detto: questi forni non andranno a sostituire linee a carbone, ma andranno ad aggiungersi alla produzione da altoforni.
Urso, inoltre, non dice che il risanamento prevederà esuberi per migliaia di lavoratori e non dice neppure che dovranno essere spesi ulteriori quattro miliardi di euro di fondi pubblici (pagati da tutte e tutti noi) per ripulire il siderurgico dai suoi enormi debiti, in modo da rendere appetibile l’acquisto da parte dei privati.
Dove sarebbe, dunque, il tanto decantato interesse strategico nazionale, se questa fabbrica viene ceduta al primo che capita, che come per ArcelorMittal, non sarà mai un italiano? E dove se per salvarla dovremo sborsare altri dieci miliardi di euro? E dove se per farlo occorrerà continuare a far ammalare e uccidere centinaia di tarantini?
Nessun tappeto rosso per Urso e il suo Governo! La paura di perdere il lavoro da parte di indotto e lavoratori e l’ansia delle istituzioni di vendersi una vittoria di Pirro, non ci esimerà dalla responsabilità di denunciare, ancora una volta, un’operazione che non tarderà a mostrare tutti i limiti di un nuovo fallimento!
L’unica strada possibile è: chiudere per sempre la fabbrica e risanare il territorio, tutelando i redditi coi programmi europei. Farlo è possibile, è questione di volontà politica, sebbene non ci sfugga che dietro a tutto ci sia la finanza che preme per recuperare i soldi investiti nel salvataggio. Il percorso che intendono portare avanti sarà pieno di ostacoli insormontabili: dalle maglie strette dei regolamenti europei alla tutela dell’ambiente, dall’impossibilità di renderla compatibile con la salute umana ai raggiri legali, fino agli inevitabili licenziamenti.
Noi continueremo a batterci per la causa, fin quando non ci sarà davvero giustizia per Taranto e i tarantini.