ALTRO GIRO, ALTRA CORSA (VERSO IL BARATRO)
Il Governo ha varato l’ennesimo decreto salva-Ilva, arriveranno altri 108 milioni di euro per la cura palliativa della fabbrica morente. Un ennesimo schiaffo alle casse pubbliche, ai lavoratori e alla città col cui destino si continua a giocare. Ma, soprattutto, l’ennesima prova che Acciaierie d’Italia è tenuta in vita artificialmente. Questi soldi, infatti, serviranno per prolungare di qualche mese ancora la produzione che continua a essere irreversibilmente in perdita.
Accanto alla fiera delle illusioni, continua a essere alimentato il ricatto occupazionale e la minaccia del disastro sociale in caso di chiusura, come se questo non fosse già in atto da anni con la complicità dello Stato che ne gestisce da tempo le sorti.
Si parla ancora, da più parti, di dualismo fra salute e lavoro facendo finta che il secondo ci sia ancora. Non solo ci sono più cassintegrati che lavoratori, ma ci si ostina a non voler vedere che qualunque piano di salvataggio conterà, in ogni caso, migliaia di esuberi. L’unico e solo piano possibile è quello della bonifica e della riconversione economica del territorio!
Ieri, davanti allo stabilimento, è andata in scena la disperazione ma, ancor di più, l’incapacità di essere dignitosi e lungimiranti. Alcide De Gasperi diceva che “il politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alla prossima generazione” e qui vediamo da troppi anni solo politici. Ma in quale decarbonizzazione credono il presidente Emiliano e il sindaco Bitetti? Nella sostituzione del carbone col gas? Nella possibilità che un privato si accolli 10 miliardi di euro per i forni elettrici? O che magari lo faccia lo Stato senza garanzie su ambiente, salute e lavoro?
Taranto sarebbe diventata un’altra città da un pezzo se si fosse avuto coraggio. In primis, di guardare le cose come stanno: sia dal punto di vista sanitario, che economico e sociale; poi di programmare la fuoriuscita da questo pantano nel quale loro sguazzano e noi affoghiamo. Non ci si dica che non ci sono fondi perché contiamo decine di miliardi di soldi bruciati in quegli altiforni ormai da due decenni e senza alcun orizzonte.
Il salvataggio della fabbrica è naufragato miseramente e bandi e avvisi hanno sancito che l’ex-Ilva non la vuole proprio nessuno, perché nessuno ci crede. Cosa deve ancora accadere per ammetterlo?
Avete fallito e noi non smetteremo di pretendere ciò che immaginiamo da sempre.
Il 29 novembre dobbiamo esserci tutte e tutti: per far vedere che Taranto non è rassegnata, che vuole scegliere il proprio futuro e non farselo imporre da nessuno!

