Torna a farsi sentire l’urlo della Taranto che pretende Giustizia
I tarantini sono tornati in strada in 7.000 per urlare la loro rabbia e pretendere la giustizia negata. Una città schiava dell’acciaio, ma soprattutto degli interessi che muove, stritolata fra corruzione e collusioni che non rendono praticabile alcuna strada di emancipazione dalle industrie inquinanti.
Un’onda imponente si è riversata quest’oggi per le strade del borgo, che non è stata fermata neppure dalla pioggia, sottile e persistente caduta a tratti nel giorno sbagliato. Un elemento che invece di indebolire la protesta, però, ha finito per rafforzarla, perché ancora maggiore è stato il suo impatto. Studenti, movimenti, associazioni e tantissimi abitanti sensibili e consapevoli hanno mostrato i muscoli nel momento in cui la città si trova ad affrontare un altro momento delicatissimo della sua storia: il processo “Ambiente Svenduto”, il più grande della storia d’Italia che rischia di subire un colpo mortale per mano degli imputati, i quali hanno proposto una richiesta di patteggiamento che è un insulto all’intera comunità ed un ulteriore schiaffo alle nostre vittime. Una mossa con cui si cerca di chiudere la partita con poche briciole e il salvacondotto per aziende e persone coinvolte.
Il manifesto della manifestazione parlava chiaro: chiusura delle fonti inquinanti e utilizzo delle risorse sequestrate per le bonifiche ed i risarcimenti al territorio profondamente vilipeso dalla presenza del siderurgico.
Taranto non molla e certamente la battaglia per pretendere Giustizia per Taranto non finirà qui.
Qui le istanze, in breve, alla base della mobilitazione, qui invece il manifesto.