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La Corte di Cassazione boccia il Decreto-Sicurezza

Bocciata su tutta la linea, tanto nel metodo che nella sostanza, la legge n.80 del 9 giugno 2025. Lo avevamo scritto qualche giorno fa, questo decreto è figlio della logica securitaria e allergica al dissenso di questo governo e di tutti quelli di estrema destra, prodighi di leggi e di sanzioni.

Nella forma, la Suprema Corte, nella sua relazione, sottolinea la mancanza dei requisiti necessari per i decreti legge, ossia la necessità e l’urgenza, ricorrendo a uno strumento legislativo che, di fatto, sottrae i temi al dibattito parlamentare. Inoltre, sempre a detta della Corte, il decreto tratta troppi argomenti e diversi fra loro: dal terrorismo alla mafia, dai migranti ai beni confiscati, dalla sicurezza urbana all’usura e all’ordinamento penitenziario, fino alla coltivazione della canapa.

Nel merito la Corte pone diversi dubbi, come quelli sulle aggravanti che rischiano di colpire il dissenso criminalizzando il diritto alla protesta e alla libera espressione sancito dalla Costituzione e da ogni democrazia che si rispetti.

Bacchettate anche riguardo alla poca chiarezza ed eccessiva genericità dei reati commessi nelle adiacenze delle stazioni ferroviarie, che rischiano di produrre incertezze interpretative e disparità di trattamento.

Poi ci sono le norme che riguardano il cosiddetto “diritto penale d’autore” che, secondo la Corte, rischiano di sanzionare non le condotte illecite, ma le persone in base al loro status sociale o appartenenza a determinate categorie, violando i principi di uguaglianza e non discriminazione.

Riguardo ai reati di terrorismo, invece, le norme anticiperebbero eccessivamente la punibilità, criminalizzando condotte ben lontane dal reato.

Ancora, c’è la non punibilità degli agenti segreti che, secondo il decreto poi divenuto legge, avrebbero facoltà di creare gruppi eversivi a fini “preventivi”, comportando gravi difetti di democraticità e rischi di devianze.

Anche per quanto riguarda gli istituti penitenziari le nuove disposizioni punterebbero a minare disobbedienza e resistenza passiva, impedendo il dissenso e finendo per aggravare situazioni già molto delicate.

Il documento della Corte, benché non vincolante, raccoglie tutte le perplessità del mondo giuridico e accademico, nonché quello di chiunque tenga ancora un minimo all’ordinamento democratico. Specie in un paese come l’Italia, dove il dissenso è l’ultimo argine alle derive autoritarie ed etiche della politica.