AlternativeAmbiente

Protesta lavoratori Indotto

E’ in corso in queste ore il blocco del ponte girevole e del ponte di pietra da parte delle ditte dell’indotto che lamentano enormi crediti nei confronti di Acciaierie d’Italia. In anni di battaglie per l’ambiente non ci siamo mai permessi di creare disagio ai nostri concittadini bloccando un’intera città pur essendo, le nostre, battaglie per tutti: per i duecentomila tarantini e per tutte le aree che subiscono l’inquinamento e i danni sociali ed economici inferti dalla fabbrica.
Ci sono in ballo migliaia di famiglie anche in questa protesta e, se fossimo superficiali, potremmo dire che non è affare che ci riguarda, dal momento che da anni mettiamo in guardia sulle false soluzioni messe in campo dagli ultimi governi, così come avevamo messo in guardia sulle modalità adottate da ArcelorMittal ovunque produca nel mondo.

Questa mattina siamo stati, ancora una volta, davanti ai cancelli dell’ex-Ilva per cercare un dialogo coi lavoratori e per qualcuno questo potrebbe stridere con quanto stiamo vivendo in queste ore. Ma non alimenteremo questa controproducente guerra fra poveri. La verità è che siamo solidali con tutti quanti lavorano alle dipendenze di AdI e delle ditte dell’indotto, perché comprendiamo profondamente il loro smarrimento e i loro timori. Ce l’abbiamo, piuttosto, con una che alimenta paure e malcontento. Una politica cieca e irresponsabile che insiste pervicacemente nel salvataggio di un’industria insalvabile a solo vantaggio della produzione ad ogni costo, del perseguimento di un profitto diventato ormai chimera, al fine di soddisfare i crediti bancari inevasi sin dai tempi dei prestiti concessi con garanzia statale. Tutto ciò sulle spalle di chi lavora lì dentro e anche di chi è fuori.

Le cose non andrebbero così se la politica prendesse atto dei suoi fallimenti e operasse con lungimiranza per il bene del territorio. Nel bacino della Ruhr, da sempre nostro esempio di alternative percorribili, negli anni ’90 si prese lucidamente atto della crisi economica, ambientale e occupazionale generata dalla siderurgia e si ebbe la forza di programmare la riconversione dell’intera area. Lo si fece con un piano che coinvolse cittadini, lavoratori, università, aziende, sindacati e enti datoriali, facendo leva su fondi nazionali ed europei. Il risultato di questa straordinaria impresa fu la rinascita del territorio intorno agli assi della cultura, delle bonifiche, del paesaggio e del turismo, con un sostegno inziale ai redditi e, successivamente, con l’impiego stabile di più persone di quante ne lavorassero prima negli stabilimenti.
A Taranto si continuano a sperperare miliardi di euro nell’illusione di modernizzare una fabbrica a carbone di stampo novecentesco che va contro la storia e qualsiasi etica. Per riconvertire il nostro territorio ne basterebbero meno, è semplicemente una questione di volontà politica!

Per questo continueremo a dialogare con i lavoratori facendo loro presenti le prospettive di un cambiamento che può diventare realtà e continuando a raccontare di quanto questo sia possibile e addirittura meno complesso del salvataggio della fabbrica.

Unire tutte le anime della città per un unico, grande, obiettivo, è la sola soluzione possibile per costringere le istituzioni a fare quanto dovrebbero per tutte e tutti noi.

Foto di TGR Puglia