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Il confronto con Timmermans si rivela uno sterile esercizio di intenzioni

Questa mattina abbiamo partecipato all’incontro col vicepresidente esecutivo della Commissione europea Timmermans, responsabile dell’azione per il clima e il Green Deal europeo.

Il nostro giudizio sull’incontro, al di là dell’empatia di forma del rappresentante europeo, è fortemente negativo per diverse ragioni: anzitutto è inammissibile che la situazione tarantina, la più grave d’Europa, venga dibattuta in soli 45 minuti. Altrettanto emblematico è che si dia luogo ad un confronto così importante in giorni e orari lavorativi. Peggio ancora il messaggio che Timmermans ha lanciato come un mantra in risposta alle pochissime domande a cui si è dato spazio, e cioè che l’Europa crede nella produzione di un acciaio che non inquini e che i tarantini devono avere maggiore fiducia in questa sfida. O, diversamente, porre nelle mani delle istituzioni locali e nazionali le esigenze del territorio, affinché l’Europa possa tenerne conto.

Ci siamo prenotati sin da inizio confronto per rappresentare la nostra idea ma, come detto, la questione è stata trattata frettolosamente e con la concessione di interventi che si contavano sulle dita di una mano, fra le quali, per fortuna, parecchie voci di dissenso. Tanto che il vicepresidente della Commissione ha promesso di tornare in città fra un anno, quando però i buoi saranno già scappati dalla stalla…

Fra le svariate obiezioni a quanto affermato avremmo voluto far presente al vicepresidente (lo faremo con comunicazione a parte) che non abbiamo fiducia in una fabbrica “green”, semplicemente perché non c’è alcuna compatibilità fra essa e il territorio. Non a caso il governo nega ogni valutazione preventiva dell’impatto sanitario dei suoi piani.

Avremmo, tuttavia, accettato un confronto di merito su quanto proposto e chiesto come pensa, l’Europa, di produrre acciaio green con i propositi del governo di consolidare l’area a caldo, la più inquinante dello stabilimento, col rifacimento dell’altoforno 5, la realizzazione di due forni elettrici in aggiunta (e non in sostituzione) delle linee di produzione e con la realizzazione un impianto per il DRI ad uso e consumo degli altri siderurgici del Paese. Peraltro con prescrizioni ambientali ancora non ottemperate ed altre per le quali ci sono indagini in corso della magistratura.

Timmermans ha parlato di una fabbrica a idrogeno, senza considerare le contraddizioni con il piano del governo, i tempi enormi per arrivare alla chimera dell’idrogeno ed il fatto, non secondario, che, anche con tali piani, ci sarebbero almeno 6.000 lavoratori in esubero.

Per tutto ciò restiamo nella ferma idea che, se sono ambiente e lavoro a preoccupare, l’unica strada è un piano di riconversione della città che faccia a meno di una fabbrica che, di buono, non porta proprio nulla.